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News“Liberiamo il talento” di Massimo Venturiello

“Liberiamo il talento” di Massimo Venturiello



Forse non bastano sei mesi per preparare un allievo, forse è un periodo troppo breve per raggiungere dei risultati importanti, ma se questo è vero è altrettanto vero che non basta aver fatto un corso di due o tre anni per aver raggiunto l’obiettivo. Sappiamo benissimo che solo una quantità molto ristretta di ragazzi che frequenta corsi di recitazione, scuole private e pubbliche, comprese le più accreditate come l’Accademia d’Arte Drammatica S. D’Amico e la Paolo Grassi di Milano, riesce davvero ad ‘entrare in arte’, (si diceva così una volta), la stragrande maggioranza di essi non è pronta ad affrontare il palcoscenico e si perde per strada.  Il problema quindi non è quanto dura un corso, ma cosa ci si propone di raggiungere con quel corso.

Partendo dal presupposto che non si può insegnare il talento, che non c’è scuola più utile della  gavetta, che il mestiere dell’attore lo si impara soprattutto in scena e dietro le quinte interagendo, ascoltando e guardando chi ha al suo attivo un’ esperienza più ampia,    l’obiettivo di questo semestre di lavoro vuole essere quello di  favorire la liberazione delle proprie capacità, di quelle doti individuali che spesso restano inespresse nell’ambito scolastico e talvolta purtroppo finiscono per deteriorarsi quando si intraprendono, poi, strade lavorative sbagliate.  La condizione essenziale per liberare il talento è quella di mettere l’allievo in condizione di non sentirsi tale, di condurlo fuori dalla logica scolastica e di toglierlo dalla posizione subalterna che lo vede talvolta in uno stato di soggezione verso il maestro.

Ho sempre dato poco credito a chi si fa chiamare maestro, credo piuttosto in chi con umiltà, insegna sapendo che c’è sempre da imparare e a volte anche dagli stessi allievi.

Uno dei rischi più grandi che corre l’allievo infatti  è quello di fossilizzarsi nel ruolo di studente (talvolta ahimè persino protettivo) al punto che finito un corso  ne fa immediatamente un altro e poi ancora un altro … inserendosi inevitabilmente in quel sottobosco che ruota intorno al mondo dell’arte senza mai farne parte davvero.

Mi piace pensare a questa ‘officina’ come a una non-scuola in cui siano banditi i ‘falsi maestri’  e siano ammessi tra gli insegnanti solo gli artisti che non hanno perso la voglia di giocare e di mettersi in gioco, che abbiano la necessaria energia per individuare gli ostacoli che spesso si annidano nella personalità dei ragazzi e cercare insieme a loro di superarli tenendo conto che il bagaglio individuale di timidezza , di introversione, di sensibilità non è un deterrente ma piuttosto un patrimonio utile per aprire la porta dell’ arte. Ecco questo è l’obiettivo primario, accanto allo studio di tutte le cose necessarie come la dizione, l’impostazione della voce, il canto, la scherma, alle materie teoriche come la storia del teatro, all’incontro con docenti musicisti, sceneggiatori, scenografi, costumisti, light designer, insomma con tutti coloro che partecipano concretamente alla realizzazione di uno spettacolo. Aprire una porta per salire in palcoscenico con la propria identita’,  consapevoli che è proprio questa identità che fa la differenza.

In questo lavoro semestrale, rivolto soprattutto a chi ha già al suo attivo un certo bagaglio di esperienze, che vorremmo concludere con la messa in scena di un vero e proprio spettacolo in cui saranno coinvolti attivamente tutti i partecipanti delle tre sezioni (68 persone circa), si darà largo spazio anche al rapporto recitazione-musica-canto. Da anni porto avanti questa trasversalità nei miei spettacoli e sono fortemente convinto che questa contaminazione dia risultati insperati anche sul piano didattico.

A volte il ritmo, il sound ti trascina tuo malgrado ed è proprio in quel momento, quando accade qualcosa ‘tuo malgrado’ che si sfiora quel senso di ‘vuoto’ necessario in scena, quella dimensione magica, tipica del ‘grande attore’, in cui appunto si libera il talento.

Massimo Venturiello

Officina delle Arti Pier Paolo Pasolini è un Laboratorio di Alta Formazione artistica del teatro, della canzone e del multimediale della Regione Lazio attivato a partire dal 2014 attraverso finanziamenti europei e gestito da DiSCo, Ente regionale per il diritto allo studio e la promozione alla conoscenza.

 

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