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Maestri di se stessi

di Caterina Taricano

Franca Valeri è molto contenta di aver contribuito in modo decisivo alla nascita dell’Officina delle Arti Pier Paolo Pasolini, di cui è Presidente onorario. Pensa sia un’esperienza fondamentale per tramandare il sapere dell’arte alle generazioni che si affacciano oggi al mondo dello spettacolo, tanto che appena le è possibile si reca con piacere a vedere come proseguono i lavori. Nel corso delle sue visite, Franca Valeri incontra gli allievi, chiacchiera e si fa fotografare con loro.

Questa conversazione è avvenuta all’interno della scuola qualche giorno fa. Inevitabilmente, abbiamo cominciato con il debutto nel mondo dello spettacolo, che per Franca Valeri è avvenuto in modo per nulla tradizionale: «Per diventare attrice non ho fatto un percorso didattico canonico, ovvero non ho frequentato un’accademia; ma se dicessi che non credo in generale alle scuole direi una stupidaggine: le scuole possono aiutare ad apprendere la tecnica, che per ogni artista è fondamentale. La cosa più importante, però, è essere maestri di se stessi, perché per fare questo mestiere ci vuole una convinzione che nessuno può darti. Un caso esemplare, in questo senso, fu Alberto Sordi, al quale più volte venne detto che non aveva la faccia giusta per il cinema, ma che dopo tanto insistere si rivelò in tutto il suo talento, convincendo anche i più dubbiosi».

Scettici, inizialmente, furono anche i genitori di Franca: «I miei in principio non avevano accolto molto bene il mio desiderio di diventare attrice; mamma era convinta fossi portata e proprio per questo non diceva nulla – d’altra parte mi ha allevata facendomi suonare il piano e portandomi a vedere le opere alla Scala. Lasciava quindi che fosse mio padre a prendere posizione. E papà subito fu duro. Aveva paura che rimanessi delusa, ma quando ha visto quanto ero decisa si persuase a sostenermi».

Con “la signorina snob”, ribattezzata la “Cesira Manicure”, personaggio attraverso il quale la Valeri stigmatizzava i comportamenti ipocriti della borghesia milanese, arriva però molto in fretta il successo: «fu in quel momento che capii che la mia passione per la recitazione si era trasformata in un vero lavoro». Una professione che ha potuto crescere anche grazie alla grande collaborazione con Vittorio Caprioli e Alberto Bonucci, con i quali, alla fine degli anni Quaranta, fonda il Teatro dei Gobbi: «Credere nei propri progetti, collaborare con chi è al nostro livello, scambiandosi continuamente idee è molto importante. Eravamo tre amici e insieme abbiamo creduto in un’idea di teatro comico completamente diverso da quello che c’era all’epoca in Italia. In quegli anni si rideva soprattutto con la rivista: noi invece volevamo fare qualcosa di diverso. Certo, per farci apprezzare abbiamo dovuto esordire a Parigi, ma ne è valsa la pena. Quando siamo tornati in Italia, infatti, abbiamo avuto solo apprezzamenti. Ennio Flaiano e Alberto Arbasino erano i nostri più grandi estimatori. E poi c’era Silvio D’Amico, che mi aveva bocciata all’accademia e per ricompensarmi si prodigò in tutti i modi per aiutarci».

I ricordi di quell’inizio lontano sono moltissimi, talvolta si confondono, talvolta si affastellano, ma per la Valeri l’elemento che da sempre lega le diverse esperienze che contraddistinguono la sua carriera è «il grande divertimento nel fare le cose, la capacità di lasciarsi andare, qualcosa che non tutti gli attori sono capaci di conservare sempre». E parlando di inizi, di esordi, molti sono quelli celebri ai quali ha assistito: «Di attori che cominciavano questo duro mestiere ne ho visti molti. Devo dire però che chi mi ha colpito di più è stata Sofia Loren. Quando ho lavorato con lei per il film Il segno di Venere, di Dino Risi, faceva già cinema da qualche anno, ma era una specie di carta assorbente. Era avida di imparare e ricordo che ogni volta che le davo qualche consiglio lei mi rispondeva: “brava, c’hai ragione”. Si vedeva che ce l’avrebbe fatta, aveva umiltà e molta determinazione».

Per Franca la forza di volontà, unita alla proverbiale “arte di arrangiarsi”, era caratteristica di tutta un’epoca, quella del secondo dopoguerra, quando in Italia con grande difficoltà si riprendeva a vivere dopo il conflitto mondiale e i giovani di quegli anni, pur avendo molto poco, guardavano con grande positività al futuro: «Era un altro mondo, i ragazzi di quella generazione avevano conosciuto la fame, la misera, gli stenti della guerra, avevano imparato a cavarsela sempre, in ogni circostanza. Questa spinta, dovuta a una situazione estrema e anche ad altre ragioni storico-politiche è qualcosa che oggi come oggi è completamente assente e questo anche perché, secondo me, i ragazzi di adesso hanno una vita troppo facilitata: troppe le invenzioni tecnologiche che facilitano la vita e bloccano il cervello, poca la noia, che si sa, da sempre permette alla creatività di esprimersi». Ma come quasi sempre erano gli anti-eroi della commedia all’italiana – che Franca Valeri ha attraversato, in solitario, come unica donna per tutto il periodo d’oro di quel genere cinematografico – queste ultime generazioni sono state «vittime di chi prima di loro li ha privati in qualche modo del futuro, di chi li ha considerati delle nullità». Ma proprio per questo motivo Franca Valeri ha ritenuto giusto impegnarsi in questa scuola, e la sua presenza è un importante punto di riferimento per i ragazzi che la frequentano.

Foto di Giorgia Rascelli e Cristina Piersigilli

 

Officina delle Arti Pier Paolo Pasolini è un Laboratorio di Alta Formazione artistica del teatro, della canzone e del multimediale della Regione Lazio attivato a partire dal 2014 attraverso finanziamenti europei e gestito da DiSCo, Ente regionale per il diritto allo studio e la promozione alla conoscenza.

 

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