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NewsSezione #Multimediale| recensione “Il Cacciatore” di Michael Cimino

Sezione #Multimediale| recensione “Il Cacciatore” di Michael Cimino



Il 22 marzo, la lezione di “Linguaggio e metodologia dell’audiovisivo”, tenuta da Maurizio Cartolano, è stata dedicata alla proiezione de “Il Cacciatore”, il film più famoso di Michael Cimino, riconosciuto tra i più importanti della storia del cinema. Prima della visione, il prof. Bonifazi ha introdotto l’opera sotto l’aspetto dell’economia realizzativa, raffrontando i budget dell’epoca con quelli attuali. Alla proiezione è seguito il dibattito con gli studenti, nel quale si è posto il focus dell’analisi filmica, sia sugli aspetti tecnici che su quelli comunicativi.

Di seguito la recensione del film a cura di Nina Bonizzato (studentessa, SEZIONE #Multimediale)

Con “Il Cacciatore” Michael Cimino ha creato un’opera unica e di fatto si denota la sensibilità, la maturità e la completezza con la quale è riuscito ad esprimere un messaggio complesso e di grande valore.

Il film è diviso in tre parti, come in un quadro, per concentrare l’attenzione su una vicenda alla volta che alla fine si uniranno insieme completando quello che sarà un capolavoro.
Intriso oltre che di colori e immagini simboliche, anche di svariate sfumature, che definiscono i caratteri psicologici di ogni personaggio.
Il tutto fondendo culture diverse, spogliando il passato, per mostrarlo nudo e crudo nella sua esistenza, costringendo lo spettatore, anch’esso spogliato delle sue sicurezze, a pensare di fronte all’atrocità delle azioni umane che hanno sconvolto il passato.
Si alternano con sapienza i momenti di gioia come possono essere la vita stessa omaggiata con un matrimonio, la nascita , l’amore e il rispetto per l’amicizia ma anche la natura; i momenti di dolore, come la lotta per la sopravvivenza e la morte, l’oblio interiore dell’animo umano che ci conduce spesso alla pazzia e alla follia come una roulette russa pressoché esasperata contro noi stessi, contro i nostri sogni, le nostre paure, alla consapevolezza che l’essere umano non è altro che preda dell’istinto animale perché di fatto l’essere umano è creatura della natura stessa.
In diversi momenti lo spettatore può presagire che la vita di questi personaggi cambierà , come cambierà anche per lo stesso spettatore la visione del film.
L’acciaieria con le fiamme zampillanti che oscurano il cielo azzurro, il padre che picchia la figlia Linda, il tradimento della futura moglie di Steve che viene chiarito subito, la macchia di vino sul vestito da sposa bianco, la pistola di Stanley, il berretto verde che appare come uno spettro in un momento di festa, la prima battuta di caccia nella quale partecipa tutto il gruppo di amici , l’uccisione del cervo, le note di Chopin omaggiate da uno degli amici prima della partenza di Mike, Nick e Steve per il Vietnam, la roulette russa, l’incontro con un avido giocatore d’azzardo francese, Steve che rimane su una sedia a rotelle, la morte di Nick e di nuovo il cervo che viene lasciato libero e alla fine un’altra canzone simbolica cantata a cappella dopo il funerale, “God bless America”.
Ma ci sono messaggi simbolici nascosti in tutto il film.
Analizzando la prima battuta di caccia è significativo quello che si trasmette con gli ambienti , le luci rendono lo scenario indefinito senza tempo , come lo è la natura stessa. Il gruppo di amici svolgono abitualmente quel tipo di attività e ognuno di loro è a suo agio con un fucile da caccia in mano. Quando si è giovani la caccia è un gioco. L’ arma non acquisisce un valore preciso ma piuttosto l’azione a rendere importante il momento. Nel loro “giardino segreto” si godono quel momento si convivio, la complicità ma anche la competizione che nasce tra cacciatori e prede e l’orgoglio di portarsi a casa il cacciato, in questo caso il CERVO. Un animale possente, potente, un simbolo sacro ma anche un trofeo.

Mike sente il bisogno di cacciare con l’amico Nick che ha più rispetto della natura di chiunque altro nel gruppo, perché in fondo per Mike è importante il rispetto : “Tu hai qualcosa dentro. Io non vado a caccia con gli stronzi!”.
Ma la battuta di caccia per Mike, Nick e Steve , l’ultima che faranno insieme prima della loro partenza non è una semplice battuta di caccia. Mike sente che da lì in avanti le cose cambieranno , forse ha già capito che presto quel gioco non sarà più cosi divertente come lo è sempre stato tra amici. E quando l’amico Stanley dimentica nuovamente a casa una parte di attrezzatura per la caccia Mike non si comporta come farebbe abitualmente , ridendo della sua inosservanza e prestandogli quello che ha dimenticato. In quel momento Mike entra già nell’ottica della nuova vita che gli aspetta fatta di responsabilità, crudeltà, atrocità, nella quale non ci si può permettere uno sbaglio perché quello sarebbe fatale , nella quale nessuno è pronto ad aiutarti per sopravvivere, nemmeno gli amici, i propri fratelli. Rimane il silenzio, rimangono gli echi della foresta e quella giornata si incupisce, un vuoto che non dà speranze, che lascia un magone anche a Nick e a Steve. Forse solo loro sono riusciti a capire quella frase incomprensibile per Stanley. Forse perché la guerra non si capisce fino in fondo fin che non ci sei dentro anche tu.
“Stan lo vedi questo? Questo è questo, questo è un proiettile non è un’ altra cosa! Ficcatelo bene in testa!”
Ci si lascia trasportare dai ricordi , dalla memoria. E’ importante ricordare perché è spesso grazie ai nostri ricordi che si evita di compiere gli sbagli fatti in passato.
E poi c’è un taglio netto che ci porta in una natura selvaggia dai colori però sbiaditi, fangosi, macchiati di sangue, contro ogni immaginazione e li scaraventato nella follia di un paese sicuramente lontano dall’America e dagli occhi della sua popolazione , il Vietnam, c’è Mike che giace steso a terra e il suo sguardo ricorda quello del cervo abbattuto.
Michael Cimino trasmette attraverso i più svariati dettagli, dai luoghi devastati dalla guerra e dalla miseria, il caos , l’ipocrisia di una nazione e le false illusioni che macchiano i sogni dei giovani personaggi simbolo di umanità e della vita, una visione realistica di un conflitto.
Paradossalmente però il conflitto occupa una parte non preponderante dell’opera , il film infatti è più concentrato sull’impatto emotivo e psicologico dei personaggi e di una nazione. Da quando comincia la stremante e agonizzante roulette russa anche lo spettatore inspira la tensione dei personaggi che da li a poco uno dopo l’altro si lasciano prendere dal panico come farebbe chiunque in una situazione del genere. Ma Mike sa bene che nella foresta è l’animale più forte a sopravvivere e non può cedere. In quegli attimi chissà che il suo pensiero non sia andato proprio a quei cervi che lui uccideva. Forse un cuore di un cervo è molto più coraggioso di un cuore di un essere umano.
Nella roulette russa la pistola e il proiettile fatale come , per l’appunto , la pallina d’avorio della roulette viene passata tra Mike e Nick , per Mike diventa una sfida per dimostrare la propria fiducia sull’immutabilità del destino e salvare i suoi due amici, mentre Nick dimostrerà poi di non aver più alcun interesse per la vita, quella vita che amava e rispettava , ferito da se stesso e dal mondo, ha visto fallire la sua missione che forse era la più autentica di tutti, come spesso accade a chi perde tutto ciò in cui credeva. Steve invece è il simbolo di chi dalla guerra ha portato a casa quello che la guerra lascia. La guerra semina solo distruzione alle sue spalle e Steve come molti altri giovani si nasconde in un ospedale di veterani costretto in una sedia a rotelle. Sarà Mike che lo obbligherà a tornare alla realtà e , se cosi si può dire, a guarire le sue ferite perché la vita in fondo gli ha dato una seconda possibilità , Steve è un messaggio per tutta la popolazione del piccolo paesino della Pennysilvania e per il resto del mondo.
Steve è un cervo ferito che avrebbe, molto probabilmente, preferito morire ma non ne avrebbe avuto il coraggio. Perché non è detto che un uomo non è coraggioso se ha paura di morire , ma un uomo non è un uomo se ha paura di vivere.
L’ultima battuta di caccia è una poesia ricca di metafore, allegorie e antitesi.
Il cervo, è come in Bambi e in Biancaneve, considerato il re della foresta il quale protegge tutte le creature del bosco, di animo forte e puro più di qualsiasi altro animale, di più anche dell’uomo.
Il cervo nella mitologia ha molti significati.
Nella mitologia celtica “la vecchia signora di Beare” assumeva la forma di cervo per evitare la cattura.
Inoltre si può collegare il cervo anche in molti dei misteriosi passaggi tra nascita , morte e trasfigurazione. Il dio celtico degli animali della foresta, adornato di palchi frondosi , radunava le anime dei morti per scortarle nell’aldilà accompagnato dalla dea della caccia che guidava un carro trainato da cervi.
Nella mitologia greca “ la cerva di Cerinea” era un animale sacro per Artemide, dea della caccia anch’essa come la dea celtica guidava un carro trainato da cervi.
“Euristeo, stupito per l’eccezionale valore di Ercole, decise di affidargli una terza impresa. Nei pressi della regione di Cerinea viveva una splendida cerva, dalle corna d’oro e dagli zoccoli d’argento e di bronzo, che fuggiva senza mai fermarsi incantando chi la inseguiva, trascinandolo così in un paese dal quale non avrebbe più fatto ritorno.
Poiché essa era una cerva sacra il suo sangue non poteva essere assolutamente sparso, e quindi l’eroe si limitò a inseguirla. La frenetica corsa durò circa un anno, sconfitto in ogni tentativo di raggiungerla, non gli rimase altra scelta che ferire leggermente l’agile cerva con una freccia, in un punto della gamba cartilagineo, quindi privo di vasi sanguinei; poi caricandosela sulle spalle la riportò in patria.
Lungo la strada del ritorno incappò in Artemide, infuriata con lui per aver ferito una bestia a lei sacra: ma l’eroe riuscì a placare le sue ire e ottenne da lei il permesso di portare la cerva ad Euristeo. Dopodiché al leggiadro animale venne permesso di tornare a correre libero nelle foreste.”
Ed è forse anche per quell’orgoglio radicato in quei tre giovani ragazzi che si sono spinti fin tanto per la loro amata nazione che li ha poi traditi ma non si sono mai arresi alla dura verità, hanno intrapreso una frenetica corsa nel tentativo di completare una missione e raggiungere il loro sogno.
Ma non a caso solo Mike torna a casa con delle medaglie che non cerca di ostentare. Medaglie che potrebbero rappresentare le teste di cervo appese nelle case dei cacciatori.
Nel cristianesimo il cervo è identificato come un animale capace di combattere il demonio.
“A differenza di pecore e capre, con la loro natura gerarchica e perciò domabile, il cervo, più solitario, sfuggente e territoriale, riluttante a vivere in spazi confinati, non è facilmente addomesticabile, il che suscita in noi soggezione e rispetto sin dai tempi antichi.
Esiste una leggenda cristiana che racconta di un cervo che si era addentrato nel fitto bosco per avvicinare un soldato che lo stava cacciando. Il cervo poteva “cacciarlo mentre lui lo cacciava”. Alla fine, il soldato si troverà di fronte al crocifisso, spuntato miracolosamente tra il palco dell’animale.
Così, il cacciatore e la caccia sono nel fondo segretamente identici: il cercatore e la meta spirituale ed il cammino che porta ad essa, sono tutt’uno.” Da Il mondo dei simboli
Ed è proprio nel bosco che Mike forse vede in quel cervo se stesso, un animale braccato, forte e potente, saggio e rispettoso, ma che è stato in qualche modo imprigionato con l’inganno, in un paese, dentro un caravan e poi in una gabbia, e in una capanna . Il cervo non ha paura di morire e nemmeno di vivere. In quel momento capisce che non c’è lealtà nello sparare ad un animale indifeso che ha negli occhi più animo di un uomo. L’aver lasciato libero il cervo non è solo una forma di rispetto per la vita stessa. Il cervo rimane fermo , immobile di fronte a lui e Mike sta forse cercando di uccidere i suoi pensieri , ma lascia andare il cervo , lo lascia vivere, lo lascia libero di andarsene. Infondo anche a Mike la vita ha dato una seconda possibilità , chi è lui per decidere chi far vivere o morire?
Come avrebbe voluto fare con Nick salva il cervo che è davanti a lui. Un eco lontano si sente nella foresta –Ok- che urla Mike contro il cervo. Ok alla vita, alla rinascita, alla pace. E i colori della foresta sono splendenti quasi abbaglianti, la purezza di una cascata e il vento che anima gli alberi alti possenti che arrivano a toccare il cielo, la libertà.
“Il cervo selvaggio vagando il sentiero, salva l’anima umana dal suo pensiero”
(William Blake, Auguries of Innocence)
C’è quindi un legame tra il cervo, la pallottola e la roulette russa. Un legame che come un filo lega tutti gli elementi del film ai personaggi, alla loro quotidianità, dalle emozioni alle preoccupazioni e ai caratteri tipici dell’essere umano.
Anche quando Stanley sfoggia la sua pistola come fosse un grande “palco” espressione di virilità, che come tra i cervi che si scontrano con le corna di altri maschi crede di poter competere e dominare, alla fine quella pistola in mano a chi non ne conosce il suo pericolo può solo che fare del male, d’altronde non vi sono vincitori ne vinti se non vi è un combattimento leale .
Vengono descritti in modo didascalico le varie personalità dei personaggi che poi sono analogamente gli aspetti più inconsci di tutti gli esseri umani , i sentimenti, le emozioni che tal volta l’uomo distratto dal suo ego può dimenticare, le molteplici nuance che scorrono sullo schermo per tutto il film.
La serietà, l’amore, l’amicizia, la nascita, la giovinezza, la morte, la cattiveria di un padre per il proprio figlio e il perdono, la malinconia, il dolore per la fine di un amore o per la perdita, la gioia e la spensieratezza, la speranza, le tradizioni, la presunzione, la timidezza, l’ingenuità, l’introversione, la rabbia del tradimento , l’avidità , la prepotenza, le paure , l’odio, la follia e la consapevolezza e forse la vergogna, la saggezza che avviene attraverso la conoscenza.
Ci viene schiaffata in faccia la realtà del mondo in cui viviamo con le sue ingiustizie e le sue falsità , con una raffinata narrazione che ostenta la natura dell’uomo dalla sua più fragile essenza alla sua perversione lasciando però aleggiare un senso di libertà che ricorda il misterioso rumore di zoccoli che, di tanto in tanto, sentiamo nel sottobosco ai lati di un sentiero tortuoso, appartenente ad una creatura nascosta che ci insegna a percorrere il nostro cammino con placida riverenza verso l’invisibile e l’ignoto ma con coraggio e rispetto nei confronti di tutte le creature viventi sulla terra.
“Ricordati: un solo colpo. Il cervo non ha un fucile, e tu devi sparare un solo colpo. Questa è lealtà!”

Recensione a cura di Nina Bonizzato
Studentessa sezione #Multimediale

22 Marzo 2016

lezione di “Linguaggio e metodologia dell’audiovisivo”

docente Maurizio Cartolano

Officina delle Arti Pier Paolo Pasolini è un Laboratorio di Alta Formazione artistica del teatro, della canzone e del multimediale della Regione Lazio attivato a partire dal 2014 attraverso finanziamenti europei e gestito da DiSCo, Ente regionale per il diritto allo studio e la promozione alla conoscenza.

 

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